sabato 11 marzo 2017

Un romanzo di Harlem: "I loro occhi guardavano Dio"

 

“Their Eyes Were Watching God” del 1937, di Zora Neale Hurston si inquadra nel Rinascimento di Harlem , il movimento letterario americano caratterizzato da temi quali l’alienazione e l’emarginazione dell’indiviuo, che vide come protagonisti scrittori come Langston Hughes, Zora Neale Hurston, W.E.B. DuBois, Countee Cullen, Angelina Grimke e Jean Toomer.
Il romanzo racconta della prima giovane vita di Janie Crawford con sua nonna, attraverso un realismo tendente a mitizzare le tradizioni della gente nera del sud degli Stati Uniti che l’autrice sembra aver studiato attentamente dal punto di vista antropologico.
“I loro occhi guardavano Dio” è stato quasi ignorato dalla storia della letteratura americana dalla data di pubblicazione fino agli anni ‘70 per via di una certa inadeguata durezza critica imputata alla Hurston nei confronti delle problematiche riguardanti il modo un cui i bianchi trattavano i neri nel Sud degli States. Il romanzo infatti dipinge la vita di questa gente in maniera un po’ troppo rosea, omettendo di accusare le angherie e i soprusi che questa ha dovuto subire.
Mancava dunque, seconda certa critica, un vero supporto tematico, un messaggio da indirizzare attraverso il racconto che invece sembrò sfruttare le figure dei protagonisti aldilà di un vero e proprio scopo se non quello narrativo.
Ma un romanzo non deve essere per forza latore di una specifica tesi che recapiti al lettore determinati messaggi; per essere apprezzato basta che all’interno dell’impalcatura narrativa si possano riscontrare idee, punti di vista, opinioni il più delle volte specchio delle convenzioni di chi scrive.
E le idee portanti riscontrabili in quest’opera sono più di una e vanno oltre la problematica politico-sociale abbracciando posizioni incentrate intorno all’individuo e non solo.
“I loro occhi guardavano Dio” suona come un’aspra critica nei confronti dei falsi valori del consumismo tendenti a valutare le persone in base a ciò che possiedono, o nel riconoscimento della sfera sessuale come forza naturale che va rigorosamente separata dall’ambito sociale.
C’è la denuncia al sessismo della società moderna, e l’affermazione dell’autonomia del potere nero in un quadro -quello dell’ apartheid americana del dopoguerra- dove la Hurston provocatoriamente contrappone tutto ciò che è nero in termini positivi rispetto al “male” bianco.
Non si tratta di un romanzo a tesi quindi, ma di certo è un’opera che, anche se palesemente apolitica e vistosamente pittoresca, accusa certi modi di vita dell’America di mezzo secolo fa.
Non a caso Zora Neale Hurston, che visse poveramente e fu clamorosamente dimenticata subito dopo la sua morte, potè a ben diritto essere definita “il genio del Sud”.

Nessun commento:

Posta un commento