sabato 11 marzo 2017

La ballata medievale

Appartenente alla tradizione orale, uno dei più popolari generi dell’età medievale, la ballata, era una sorta di canzone ballabile (da cui deriva il nome) che narrava di storie tratte dal repertorio dei racconti popolari o di carattere storico.
La formula della ballata medievale prevedeva una semplice struttura narrativa basata su quartine in rima (generalmente ABCB) e versi giambici di otto e sei sillabe. Sue peculiari caratteristiche erano le allitterazioni, le ripetizioni, e soprattutto il ritornello che era solitamente ripetuto e cantato anche dagli ascoltatori. Un’altra caratteristica era l’utilizzazione di domande retoriche che si ripetevano ossessivamente fino a diventare quasi un refrain, il che contribuiva a dare un tono di mistero e di attesa a tutta l’atmosfera.
I temi della ballata erano vari e andavano dall’amore, alla morte, al sovrannaturale, a storie di fuorilegge o di eroi, alla religione. Ma la fusione di più temi dentro una stessa composizione era abbastanza diffusa e contribuiva a rendere questo genere vario, contrariamente a come la ballata viene in genere considerata.
La celebre storia di Robin Hood, ad esempio, il fuorilegge di Sherwood che rubava ai ricchi per dare ai poveri, appartiene proprio a questo genere letterario. Per non dire di tanti altri personaggi alcuni dei quali sono stati immortalati dalla cultura moderna come il Geordie che il nostro De Andrè ha interpretato in una sua famosa canzone.
La principale pecca artistica che viene imputata alla ballata è la mancata originalità di stile che risulta emblematica nelle descrizioni spesso espresse con formule identiche.
Ma stiamo parlando di letteratura medievale. Di un epoca in cui le lingue, non del tutto foggiate, versavano ancora nello stato di “volgare”, e gli inglesi, come gli artisti di tutto i mondo, per evadere dal quotidiano potevano anche non curarsi dell’originalità.
D’altra parte la nostra moderna canzone, non può che essere debitrice della ballata.

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