sabato 11 marzo 2017

Il buonismo di Charles Dickens

Nei suoi romanzi Charles Dickens si scaglia contro le miserevoli condizioni dei poveri del suo tempo.
In un’epoca in cui la povertà veniva considerata un crimine, i poveri andavano puniti e confinati nelle workhouse dove chi non si era impegnato abbastanza per ottenere soldi e successo andava rieducato attraverso il lavoro forzato.
In romanzi quali il celebre ’”Oliver Twist”, lo scrittore vittoriano racconta dettagliatamente le condizioni di vita di queste case di lavoro, focalizzando l’ attenzione sui bambini che avrebbero commosso il lettore più facilmente.
In questi romanzi il bene si scontra col male ed il bieco mondo criminoso della Londra vittoriana sembra prevalere su tutto sempre, tranne che nel finale quando il male sarà sopraffatto dal bene e i cattivi saranno puniti.
Ma Charles Dickens è un buonista, un conservatore dall’aria riformista, un progressista a parole, uno scrittore di best seller che scriveva per vendere e guadagnare raccontando di chi invece i soldi li vedeva solo tra le mani degli altri.
Dickens scrive per commuovere ma non si commuove. E’ un freddo narratore onnisciente che si intromette per chiarire le situazioni e si rivolge al lettore direttamente e dall’alto della sua conoscenza assoluta, aiutandolo ad un’interpretazione “corretta” del fatto narrato.
Il portavoce delle nobili idee sottese ai suoi romanzi nasconde dietro il piagnisteo un mood ipocrita e falso proprio come l’età in cui vive. E i suoi bambini indifesi e maltrattati non sono che patetiche creature che suscitano sentimenti soltanto nell’animo del lettore ingenuo.

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