sabato 11 marzo 2017

Arte e Bellezza



Arte e bellezza sono da sempre state alleate inseparabili di un modo di espressione e di ricerca che ha posto come problema ontologico la propria definizione senza mai giungere a definizioni definitive. Nel Rinascimento e nella concezione neoclassica, arte e bellezza significavano misura, armonia ed adeguatezza. L’arte doveva imitare la natura e rimanere soggetta a determinati ideali estetici per cui l’artista aveva il compito di esprimere la bellezza della natura attraverso le sue creazioni sì da renderla eterna e salvarla dal mortifero flusso del tempo. Ne sono un esempio i sonetti di Shakespeare.
Nel Seicento però la bellezza si fa manierista, diventa immagine di arzigogoli mentali, stravaganza, ricerca esasperata di originalità ed ancor più eccesso, mostruosità. L’arte deve essere espressione libera anche del brutto, di concettismi bizzarri, immagine delle strane vie della mente.
Le eterne idee di bellezza ed arte dunque procedono in un going di contrari contrastanti di secolo in secolo e al pazzo Seicento segue il morigerato Diciottesimo Secolo che mentre da una parte torna indietro agli ideali classici, dall’altra accoglie in sé le teorie di Burke e del suo Sublime che guardavano alle intemperanze della natura come ad una fonte di stupore e bellezza da cui la vera arte avrebbe dovuto assurgere.
Da qui all’idea romantica di bellezza come di frutto dell’ispirazione delle innate capacità del genio, e della sua feconda immaginazione il passo è breve. L’animo dell’artista che si rispecchia nella natura diventa paradigma dell’umanità, la sua immaginazione creatrice lo rende un demiurgo, un dio sulla terra, profeta di bellezza e di valori universali.
“Fa di me la tua lira, perfino come lo é la foresta:
che importa se le mie foglie cadranno come le sue!
Il tumulto delle tue potenti armonie
Assumeranno per entrambi un profondo tono autunnale,
dolce anche se triste. Sii tu, feroce spirito,
il mio spirito! Sii tu me, uno impetuoso!
Conduci i miei morti pensieri per l’universo
come foglie avvizzite a risvegliare una nuova rinascita!
E, per incanto di questo verso,
Spargi, come da un focolare inestinto
cenere e lapilli, le mie parole tra l’umanità!
Sii attraverso le mie labbra per risvegliare la terra addormentata
La tromba di una profezia!”
La funzione morale dell’artista svanisce del tutto con l’Estetismo, fondamentale movimento assertore del concetto dell’arte per l’arte. L’arte non solo basta a se stessa in quanto non ha bisogno di null’altro per essere ispirata e per esistere, ma –come egregiamente asseriva Oscar Wilde- non deve servire a niente, non deve perseguire alcun ideale se non quello della bellezza. Altro che fini didattici, letteratura didascalica e letteratura socialmente impegnata: l’artista decadente è uno snob, uno che si compiace della propria diversità e si isola volontariamente dal resto dell’umanità.
Il resto del mondo è mediocre e brutto, il bello è in sé. L’artista gloriandosi dei propri atteggiamenti ed assaporando ogni sensazione per sentirne ed esprimerne la bellezza è un emarginato di lusso che si compiace delle proprie morbosità. Al limite delle perversione, contro ogni normalità.

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